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Tutto cominciò così...

Aggiornamento: 18 gen 2021


L’indagine mi porta ad un anno in cui non era neanche nato mio padre. Il 1933. Nel 1933 la parola Supereroe non esisteva ancora. Nel 1933 non c’era neanche la televisione nelle case della gente, oggi c’è addirittura il wifi. Fantascienza...


Andando a ritroso nel tempo trovo un punto preciso in cui tutto sembra fare un balzo evolutivo. Un meteorite si schianta sulla terra e dentro viene rinvenuto un bambino che da grande indossa un mantello rosso e comincia a volare. Il resto è Leggenda… Prima di quel meteorite, nelle pubblicazioni a fumetti strapiene di animali umanizzati che fanno ridere, non esisteva nulla del genere. Come eroi mascherati c’era The Clock, giustiziere urbano, che s’ispirava alle puntate radiofoniche di The Shadow (di cui non era ancora stato tratto il fumetto), c’era stato un fugacissimo western Phantom of the hills che invece s'ispirava vagamente a Lone Ranger, poi nient’altro. Non c'erano mantelli, n'è costumi sgargianti, nessun superpotere. Oddio, a proposito di superpoteri, si potrebbe citare Mastermind, il cui protagonista, un taciturno detective, ha un dono speciale, ma restiamo distanti dall’idea di Superpoteri che intendiamo.

Qualcosa si era già mosso prima ancora di The Clock. E per mano degli stessi autori di quello che sarà considerato il primo Supereroe dei fumetti. Qualcosa che cita Superman, ma non è sicuramente nè Superman, nè un Supereroe, ma certamente un Superuomo. Parliamo di una racconto pubblicato 5 anni prima dell'arrivo di Superman.

Tutto cominciò a Cleveland, Ohio. C’era la grande depressione, Siegel era un ebreo povero, come Shuster. La passione per la fantascienza li unì nella concezione di vari progetti e pertanto passavano la maggior parte del tempo insieme. Dentro di loro si muoveva un oceano, che cominciarono a buttare giù fondando una vera e propria fanzine dal titolo Science Fiction: The Advance Guard of Future Civilization su cui scrissero gli ancora sconosciuti Ray Bradbury e Forrest J. Ackerman. Della fanzine vennero stampate in media 50- 100 copie a numero, quindi esisteva il reale pericolo che il materiale fosse andato perduto dal tempo.

Invece, i primi quattro numeri sono stati rinvenuti a Boston l’anno scorso, e sono oggi facilmente visionabili presso le università della città per eventi e manifestazioni. Sono anche visionabili sull’internet database per chi non avesse a disposizione i soldi del biglietto per arrivare fino a lì.

Reign of Superman apparve nel terzo numero di Science Fiction. Era scritto da Siegel e disegnato da Shuster, il quale cercava sempre di ritagliarsi un ruolo a fianco del suo amico. Ma forse è meglio lasciare la parola a Siegel che esprime quanto di meglio potremmo noi altrimenti dire.

“Il disegnatore Joe Schuster ed io eravamo compagni di scuola alle superiori della Glenville High School di Cleveland, in Ohio. Erano tempi duri.

Lessi del favoloso successo e delle grandi entrate dei creatori di fumetti in un articolo della rivista Fortune che era stato ristampato in Reader's Digest . Fino ad allora, la mia principale ambizione era diventare uno scrittore di storie e romanzi di fantascienza. Ho sempre amato i fumetti. Da bambino, ero affascinato da Little Nemo nella striscia a fumetti Slumberland creata da Winsor McCay. La sua meravigliosa immaginazione e le incredibili opere d'arte mi avevano entusiasmato, mi hanno fatto letteralmente impazzire. Anche Joe Schuster amava il lavoro di McCay; come me, era un fan della fantascienza. Entrambi abbiamo ammirato la brillante opera d'arte nella rivista, dell'artista pionieristico di fantascienza Frank R. Paul. Siamo stati anche ispirati dal lavoro di Harold Foster (artista delle strip di Tarzan), di "Flash Gordon" e "Agente segreto X-9" di Alex Raymond.

Desideravo essere un altro Edgar Rice Burroughs. Le sue creazioni, Tarzan e John Carter of Mars, mi avevano davvero colpito molto in quei giorni, tempo prima che l'espressione "di gran lunga" venisse all'esistenza. Ho letto enormi quantità di riviste pulp orientate come eroe-eroe, tipo "The Shadow" . Joe e io seguivamo i film, spesso incassando bottiglie di latte per finanziare il superamento dei botteghini del teatro. Seduti fianco a fianco in scomodi posti a teatro, abbiamo mangiato popcorn e assaporato "film di serie B" a bizzeffe, insieme a film di "produzione". Sono rimasto particolarmente colpito dai film della Warner Brothers con i loro messaggi di ingiustizia sociale. Sullo schermo, Fred Astaire e Ginger Rogers ballavano ... Paul Muni soffriva ... Laurel & Hardy erano favolosamente divertenti. Al di là della radio arrivava invece la voce stridente e odiosa di Adolf Hitler. Ma anche la voce tranquillamente rassicurante di Franklin D. Roosevelt.

Mia madre era preoccupata che io, il figlio impraticabile, che voleva essere uno scrittore, potesse sopravvivere in questo mondo da cane mangia-cane. Anche la madre di Joe era preoccupata per il futuro di Joe, che da bambino aveva disegnato delle immagini sul muro della camera da letto e voleva essere un artista. Fin dal primo giorno in cui ci siamo incontrati, Joe e io siamo andati a lavorare immediatamente, collaborando insieme alla creazione di fumetti. Fumetti di tutti i tipi. Commedia, fantascienza, ecc. Creare fumetti è stato facile. Venderli non lo era. […].

Scrissi alcune storie di fantascienza e le sottoposi ad "Amazing Stories" e "Science Wonder Stories". Furono respinti. Rifiutando di accettare la sconfitta, entrai nel business delle fanzine, principalmente per ottenere che quelle storie rifiutate fossero lette. La mia prima fanzine si intitolava "Storie cosmiche" . Era dattiloscritta. Più tardi, con Joe Schuster come art director, e con me come editore, pubblicai la fanzine "Science Fiction". Fu pubblicata sulla macchina ciclostilografica della Glenville High School, dove ero un riluttante "studente".

Nel numero di gennaio 1933 di Science Fiction apparve una storia che avevo scritto nel 1932 intitolata "Il regno del superuomo". Usai lo pseudonimo "Herbert S. Fine" che univa il nome di mio cugino insieme al nome da nubile di mia madre."

Siegel è quello che deve aver patito più disperazione. Gli ebrei poi hanno la tendenza, come gli italiani, a isolarsi, e a fare gruppo solo con persone della stessa provenienza. Siegel ammette di ispirarsi lontanamente a Così parlò Zarathustra, perchè dice d'aver preso spunto da Uomo e Oltreuomo di Shaw. Dal filosofo tedesco prende non solo il termine tradotto Übermensch, ma ricalca proprio la definizione di Superuomo: "Egli abbandona le ipocrisie dei moralisti e afferma se stesso ponendo i propri valori prima della morale comune."

Nel regno di Superman, Siegel ci mette davanti un uomo sconfitto dalla società, all’ultimo stadio della sua esistenza, un barbone che dopo aver acquisito i poteri da Superuomo, li utilizza per un tornaconto personale. Tra lui e lo scienziato che l’ha creato s’instaura un rapporto come tra il dottor Frankenstein e la creatura. La storia termina con una morale di fondo abbastanza semplice, ma intrinsecamente legata al concepimento del personaggio dei fumetti più famoso (anche se non altrettanto amato) dell’universo Dc: Superman appunto. Il risultato è una storia di fantascienza degli anni '30, interessante e abbastanza riuscita per quel periodo.

Noi dentro ci sono tutti i punti fondamentali per la creazione di Superman, dall’essere invulnerabile al meteorite..., ma non ci resta altro che leggere The Reign of Superman, Il Regno di Superman, questa pietra miliare della narrativa, e vedere di che si tratta!



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